LEADERSHIP INCOMPETENTE
- Accademia del Benessere
- 31 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Una dinamica aziendale spiegata dalla scienza.

Il primo a dirlo chiaramente fu Laurence J. Peter, nel 1969, con il suo ormai celebre PRINCIPIO DI PETER: “In una gerarchia, ogni persona tende a salire fino al proprio livello di incompetenza.”
Cosa vuol dire davvero?
Se sei bravo nel tuo lavoro, vieni premiato: ti promuovono. Ti danno un team da gestire, un ruolo più alto.
Ma ecco il punto: il ruolo nuovo non lo conosci.
Non è più il lavoro che facevi bene, è un mestiere diverso. E nessuno ti insegna come farlo.
Così, un passo alla volta, arrivi a occupare un ruolo per il quale non sei preparato.
Il risultato?
In moltissime aziende, chi comanda non è il più competente, ma chi ha semplicemente fatto carriera...fino al punto critico.
E a pagarne le conseguenze, spesso, sono i team, e i risultati.
Ed è così che molte organizzazioni sono dirette da persone che non hanno le competenze necessarie per il ruolo che ricoprono.
Quindi come mai, spesso, i meno competenti fanno carriera più in fretta?
Ecco alcuni fattori di influenza.
Il primo è l’EFFETTO DUNNING-KRUGER (1999):
Chi ne sa poco, si sopravvaluta. Chi ne sa tanto, si mette in discussione.
Chi ha meno competenze ha meno dubbi, si espone di più, parla con sicurezza, prende spazio. Chi è davvero preparato, invece, tende a essere più cauto, più riflessivo, meno incline a farsi avanti.
E chi premia il mondo del lavoro?
Chi si espone. Non chi si conosce davvero.
E c’è altro: IL MECCANISMO DELLA "SIMILARITÀ SOCIALE”.
I manager non scelgono sempre il più competente.
Scelgono chi gli somiglia.
Stesso stile, stessi comportamenti, stessi valori, stesso modo di vedere il mondo. Si fidano di chi riflette la loro immagine, non necessariamente di chi ha più talento.
La bravura passa in secondo piano. Conta l’affinità e.…la simpatia.
LA LOGICA DELLA CONSERVAZIONE DEL POTERE
I manager mediocri scelgono collaboratori deboli.
Non per caso. Per istinto di sopravvivenza.
Meglio circondarsi di chi non mette in discussione l’equilibrio, piuttosto che rischiare il confronto. È un meccanismo noto da tempo: il sistema si auto-replica, premiando chi non disturba l’ordine.
L’APPARENZA BATTE LA SOSTANZA
In tante realtà non conta quanto valore generi, ma quanto sembri farlo.
Chi comunica bene, chi sa promuoversi, chi cura la propria immagine interna...
Ha spesso la meglio su chi lavora davvero ma resta nell’ombra.
CULTURA DEL RISCHIO ZERO
Promuovere un talento? Spesso è troppo pericoloso. Potrebbe cambiare processi, ruoli, logiche consolidate.
Molto meglio puntare su chi non disturba.
Anche se è mediocre. Meglio la prevedibilità del potenziale.
Allora chiediamoci: quante saranno le aziende dove esistono queste dinamiche?”
TANTISSIME!
Fonti: Dunning & Kruger – “Unskilled and unaware of it”, 1999; Rivera – Hiring as Cultural Matching, 2012; Crozier – Il fenomeno burocratico, 1963; Pfeffer – Power, 2010; Kahneman – Thinking, Fast and Slow, 2011
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