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La sindrome dell’impostore: quando il successo fa paura

  • Immagine del redattore: Accademia del Benessere
    Accademia del Benessere
  • 8 ore fa
  • Tempo di lettura: 1 min


Ti è mai capitato di ottenere un buon risultato e, invece di goderti il momento, pensare: “Sono solo stato fortunato… prima o poi se ne accorgeranno che non sono davvero all’altezza”? Se la risposta è sì, non sei solo.  

Potresti avere incrociato la sindrome dell’impostore.


Il termine è stato coniato nel 1978 da Pauline Clance e Suzanne Imes, due psicologhe americane che per prime hanno studiato questo fenomeno (Clance & Imes, 1978).  

La sindrome dell’impostore colpisce persone molto competenti e capaci, che però vivono i propri successi come immeritati, attribuendoli a fattori esterni come la fortuna, la simpatia, o il caso. Il dubbio costante è: "Non sono davvero bravo, ho solo ingannato tutti.” 


Secondo una recente ricerca dell’American Psychological Association, questa condizione è molto diffusa: si stima che oltre il 70% delle persone la sperimentino almeno una volta nella vita. Colpisce in modo trasversale: manager, neolaureati, artisti, insegnanti… nessuno ne è immune.  

Ma attenzione: non è umiltà. È autosabotaggio. 


Il primo passo per uscirne? Riconoscerla. Poi, imparare a celebrare i propri traguardi, chiedere feedback autentici, e normalizzare l’errore come parte del percorso. Lavorare sulla propria identità professionale è fondamentale per ritrovare sicurezza, autostima e presenza. 


Ricordiamoci: non siamo “impostori”. Siamo esseri umani, in cammino. E il valore che portiamo non si misura con l’ansia da prestazione, ma con la verità di ciò che siamo. 


E tu? Ti sei mai sentito un impostore?  


 
 
 
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